- voto: 3,5/5
I Deny sono una band campana che si cimenta in un post rock di matrice Mogwai con un approccio molto più legato alla composizione rock. Il suono ha un indirizzo british, soprattutto nel cantato. Tali caratteristiche delle composizioni poterbbero favorire al gruppo buone possibilità di esportazione. La struttura delle canzoni, seppur dilatata, non porta l'ascoltatore alla noia. Questo soprattutto grazie ai passaggi che portano i brani a variazioni a volte blues, a volte punk. Tra i brani da citare ci sono sicuramente "Leave me high", "Leaves of grass" e la più easy "New Song". È d'obbligo citare la produzione atristica di Paolo Messere e l'artwork di Muhe.
"diRadio"
Arriva dalla Seahorse rec., piccola ed intelligente etichetta indipendente, un altra lieta sorpresa:
Deny, da Avellino, è un gruppo affascinato indubbiamente dalle sonorità del post rock classico (ormai bisogna chiamarlo così!), quello più affine al jazz rock dei settanta, per intenderci.Però niente manierismi; i ragazzi danno una bella ed onesta dimostrazione di quel che vuol dire partire da un canovaccio preciso per sforzarsi di produrre qualcosa di personale, frutto di un serio lavoro di apprendimento strumentale ma anche e soprattutto di una qualche forma di urgenza espressiva.
"MESCALINA"
In chiusura d'anno è uscito questo nuovo progetto, insieme a Stella Diana di cui avremo occasione di parlare, per la Seahorse Recordings. L'etichetta napoletana capitanata da Paolo Messere ci ha abituato a progetti e gruppi capaci, anche all'esordio, di lasciare una traccia qualitativamente alta del loro passaggio.
Così è anche per gli avellinesi Deny: "Sharing Ghosts" è il disco del loro debutto ma possiede negli arrangiamenti tratti di maturità e spessore artistico.
L'attenzione agli arrangiamenti è da sempre il tratto comune che caratterizza i lavori curati da Messere, in particolar modo due sono i caratteri che emergono in parecchi dischi: uno è la cura delle dinamiche, sia nel momento performativo che in quello di missaggio, sia suonando "forte" o meno sia alzando o abbassando i volumi, con un'attenzione molto puntuale ai crescendo e calando sonori. L'altro aspetto è il contrasto fra i timbri cosiddetti maschi e femmine, ovvero quelli elettrificati e distorti e quelli puliti e acustici. Esempio di questo sono il bridge di chitarra che in "Leaves of grass" conduce poi ad un'apertura strumentale noise, oppure lo spazio acustico ritmico dedicato alle percussioni in "Leave me high".
Oltre a questi due aspetti d'arrangiamento possiamo individuarne un terzo legato alla strumentazione: le percussioni, strumento curioso se si pensa che in fin dei conti il sapore del disco e la sua grana sonora sono noise-postrock-psichedelico. Ma le percussioni non sono l'unica curiosità strumentale all'interno del disco, perchè compaiono anche un flauto, due bouzuki e un glockenspiel.
La piacevolissima "New song" spezza un po' con i brani ipnotici che caratterizzano la prima parte della scaletta e diventa una pausa rigenerante, mentre le chitarre con cui si apre la seconda metà del cd e i cori ci immergono tramite "Only love to…" nell'atmosfera più psichedelica e lisergica.
Insomma questo "Sharing ghosts" di Deny merita veramente attenzione: ascoltandolo si pensa a tutto tranne che ad un esordio.
"LOST HIGHWAYS"
Pochi ascolti ci sono bastati per delineare il nostro punto di vista su questi Deny, band campana (Avellino) al loro disco d'esordio, Sharing Ghosts, per l'oramai avidissima Seahorse Recordings di sua maestà Paolo Messere e distribuiti da Goodfellas. Ci prendiamo tutte le nostre responsabilità e qui,oggi, siamo pronti a fare una grossa scommessa: puntiamo tutte le fishes del banco sulla sicurezza che di questi ragazzi ne sentiremo parlare a lungo in giro. La proposta di questa formazione è sicuramente devota ad un rock ibrido e dai contorni incerti, senza colonne portanti ma sorretto da un raffinatissimo gusto per le scelte d'arrangiamento e da un'invidiabile vena sperimentale. Avanguardistici, fluidi e magmatici, personali nella loro cifra stilistica, i Deny fondono con grande preparazione indie rock, blues e psichedelia e si distinguono da tantissime produzioni attuali (anche e soprattutto provenienti da fuori casa nostra) per un gusto del tutto personale ed una compattezza inusuale per una band solo alla sua prima fatica. La psichedelia dilatata di Charles Bonnet Syndrome, ombrata da macchie nell'aria ed inspiegabili allucinazioni, è esattamente quello che ci si aspetta nel momento in cui si entra nella loro dimensione, fatta di melodie acide e offuscate parentesi di rumore, come nel blues allucinato di Leave Me High, che ad un certo punto si fa liquefare da un fraseggio di sinth progressivo, fino a sciogliersi completamente. La voce di Luca Bellavita si fa via via sofferta nelle pastoie postume di Leaves of Gras, che in alcuni momenti riporta alla mente i Radiohead più sperimentali, impantanati in fanghiglie noise. Altre le parentesi puramente avantgarde, come nelle dissonanze minacciose di Your Smell, dove il basso di Marcello Spinelli scolpisce nell'aria cellule impazzite tra post rock e blues, e voce e chitarre sfoggiano una melodia geniale. New Song è probabilmente il loro primo capolavoro, un brano degno di girare nelle compilation indie internazionali e che prende per mano la forma-canzone con disinvoltura in un girotondo tra shoegazing e psichedelia, tra bubblegum e noise dilatato, tra gli Yo La Tengo e la new wave, semplicemente geniale! When You Aren't There è uno scherzo blues che ricorda i White Stripes quanto vecchi sogni di psichedelica memoria: l'elemento di grande innovazione dei Deny, sta nella loro capacità di far godere ogni singolo brano di una sua evoluzione, di diverse fasi organiche distinte e perfettamente collegate, seguendo una prassi molto vicina al progressive. Nei 9 minuti e 30 di … c'è spazio persino per una lunga parentesi dub-elettronica, che non fa che darci conferma del grande eclettismo e della grande preparazione di questa formazione. Che dire di più? Tra i dischi italiani del 2007 sarebbe un sacrilegio non far figurare questo Sharing Ghosts e soprattutto non tenere d'occhio questa band che si rivela non solo ai nostri occhi come una delle cose più interessanti di quest'anno.
"SENTIREASCOLTARE"/"LIFT"
Nel caso degli avellinesi Deny, il Nostro compare nelle vesti di produttore aggiunto, arrangiatore – con il gruppo – e musicista, contribuendo a modellare un suono che sa di psichedelia, post-rock, blues, noise, ma al tempo stesso evita di dichiarare apertamente le proprie infatuazioni. Mascherandole grazie a un processo di rielaborazione che non lascia quasi nulla al caso, a un amore per le dilatazioni sensate, a uno stile che riesce ad uniformare i diversi input generando crescendo viscerali (Charles Bonnet Syndrome), viaggi interstellari (Leave Me High), distonie (Leaves Of Grass), reminiscenze claptoniane in salsa post-rock (Only Love To...).
Il merito di tutto va soprattutto a musicisti capaci e tecnicamente preparati, che pur pagando pegno, talvolta, in termini di lucidità, non mancano di regalare momenti di rock di sana e robusta costituzione.
"THE HOLY HOUR"
Sharing Ghosts è un ottimo disco. Non annoia, anzi. Sonorità che spaziano dall’ indie al post rock. Il sound si potrebbe paragonare a quello degli American Football con degli stralci tipici del post rock alla Appleseed Cast, o ancora gli Shark Keep Moving. Il disco ha una qualità omogenea, non ci sono dislivelli tra i vari brani ma, fra i dieci pezzi proposti, spiccano senza ombra di dubbio “ Leaves of Grass” dove la parte finale, tenuta, dilaniata e ricoperta da un ottimo manto di synth e noise vari che danno un’ enorme contributo alla corposità del brano.
Belle anche le dissonanze di “Your Smell” e la delicata quanto istrionica “…”, un inizio morbido e pacato che muta con un passaggio netto, forse fin troppo netto, in un elettro-rock dai tanti fronzoli e sfaccettature. La vera conclusione del disco c’è con una ghost track esplosiva. Dove non esistono mezzi termini o classificazioni…è semplicemente rock.
Il mio giudizio è un 8/10. A voi l’ascolto.
"ROCK SHOCK"
Beh, comincerò col dire che ho grosse difficoltà ad inquadrare stilisticamente Sharing ghosts, a meno di volerlo chiamare genericamente rock. Ma sarebbe in qualche modo riduttivo perchè è blues, è ballad, è psichedelica, è electro, è punk, è noise. E' un lavoro che a volte sa di poesia e altre di tempesta (beh, non che la tempesta non possa essere poetica, ma lasciamo perdere…).
Il disco è interamente scritto e cantato in inglese e in un paese come l'Italia è una scelta sempre e comunque coraggiosa. Buono il lavoro di arrangiamento e produzione. Ogni cosa è scelta per essere lì, non ci è finita per caso. Brani intriganti e sonorità convincenti sono ottime armi.
(...)
Da tenere d'occhio.
"INDIE-ZONE"
I Deny sono al loro primo disco, ma ad ascoltarlo non si direbbe: forti di un sound decisamente ben curato e di un approccio ai brani originale ed in continuo divenire, il gruppo riesce a non far mai pensare ad un album d'esordio. Miscelando psichedelica, noise e post rock la band irpina dà vita a brani di non facile ascolto, ma comunque orecchiabili. Il loro limite maggiore va ricercato nelle atmosfere troppo poco varie, che stancano dopo qualche ascolto, ravvivato da brani più accessibili (Only love to..) o sperimentali (To love melancholy). Un buon esordio, con qualche accorgimento i Deny hanno le carte in regola per far parlare di sé(...)
"KOMAKINO"
A debutto su Seahorse, registrati e mixati da Paolo Messere dei Blessed Child Opera, i Deny, da Avellino, sciorinano pezzi brillanti, volendo anche di scelta inusuale se considerati all'interno del panorama italiano, per quanto poi fuori confine nei canoni del decoro dell'indie noise più rarefatto. L'ottimo pezzo di apertura in crescendo Charles Bonnet Syndrome (echi di prime luminanze e lentezze spleen di Smashing Pumpinks) è il biglietto da visita per ottenere subito rispetto, e la New Song con la falsa partenza lo-fi apre una catarsi chitarristica vicina ai Sebadoh, - potenziale hit. - L'untitled è il bis adrenalinico del meritato richiamo su palco dopo un concerto di distorsioni che caricano psichedelia melodica. - Trovo qualche ombra di primo latte invece sulle digressioni di Your Smell, Leave Me High, o di Leaves of Grass, che mi fa penare prima di giungere ad un elevatissimo finale, brutalmente sentimentale, che punta alla volta celeste. - Ok, poi c'è l'incursione blueseggiante di Only Love To.., per i primi due minuti avevo pensato di aver cambiato accidentalmente disco, invece poi fa ritorno allo stile delle altre tracce con ottimi inserti di chitarra per poi tradire nuovamente e virare in un'altra direzione, un pò come il finale elettronico della tre puntini '...', quasi una seconda stanza della stessa canzone. - Credo questo Sharing Ghosts sia una meritata introduzione a quello che sarà il prossimo disco, che mi immagino già con un song-writing più ricco, maturo e drammatico.
"ROCKLINE"
Chi si sarebbe mai aspettato da un gruppo alla prima fatica discografica un bel disco d'esordio così ricco di fascino e di luce propria? I Deny, giovane band irpina, ci sono riusciti con Sharing Ghosts, in uscita a Dicembre. Si tratta un album personale ed originale, molto artistico ed intellettuale, psichedelico e supportato da inserti noise e post punk, che molto ricordano la wave inglese degli '80, arrivando alle sottili similitudini con il post rock di stampo USA e l'elettronica europea di questi ultimi anni. Sono principalmente questi i cardini attorno cui i Deny fan girare la propria musica che è una ballerina anarchica e dadaista alla ricerca di profumi e colori che la facciano danzare ancora di più.
Ad aprire il disco ci pensa Charles Bonnet Syndrome con i suoi ritmi e le sue melodie ipnotiche e trascinanti che si trasformano in una perfetta rampa di lancio per la stupenda Leave Me High, un esperimento di raffinato noise/post rock, elegante e incredibilmente introspettivo, come del resto anche la successiva Leaves Of Grass che ruota sempre attorno a ritmi molli e cadenzati e si basa su un riffing quieto ed arpeggiato ma dalla forte carica psichedelica.
Con Only Love To si fa invece un passo indietro fino a giungere alle radici dello psych rock dei '60, in questo caso egregiamente rivisitate in chiave moderna, mentre è con New Song che i Deny danno sfogo alla vena compositiva più rozza e primordiale, si tratta infatti di una canzone dai forti richiami post punk, molto semplice nell'impatto ma decisamente meno intensa nel contenuto. To Love Melancholy (is sexy) è poi la solita scalata psichedelica e distorta, arricchita dalla carica del noise e dal supporto dell'elettronica, presente anche nella conclusiva .... che mette fine al disco coi suoi movimenti robotici e futuristi.
Col passare delle canzoni i Deny mostrano sempre di più una spiccata dote creativa peculiare e molto personale, dovuta ad una visione molto viva della musica vista come approccio primario alla realtà e di conseguenza essa non può non essere una mera espressione delle menti dei ragazzi irpini che continuano a sfornare emozioni senza sosta, passando per stili e correnti diverse, amalgamando suoni e rumori.
Sharing Ghosts è indubbiamente uno dei più interessanti prodotti in ambito sperimentale usciti in questi ultimi anni dalla penisola; i Deny meritano infatti un grande riconoscomento, che è quello di saper essere stati sperimentali e "avantgardistici" senza sbilanciarsi e perdere equilibrio, tessendo una musica rara e personale ma non per questo eccessivamente stramba e inascoltabile. Di certo non si può parlare di capolavoro o di "grande opera rock", ma Sharing Ghosts è sicuramente la partenza migliore che ci si sarebbe aspettati da un gruppo come i Deny che hanno ancora il tempo per incrementare questo spiccato impulso creativo che li renderà senza dubbio uno dei gruppi più di nicchia del panorama underground italico.
"INDIE-POP"
(...)sono autori di un buona psichedelica hard, qualcosa di ben inciso, potente, sfumato e pieno di ghirigori avvolgenti, come dei Soundgarden dell'ultimo disco meno tellurici, più inclini al blues e più diffusivi nella narrazione. La voce è più seducente che potente. Nei cinque minuti e mezzo di "Leave me high" scorre molta acidità, molta consapevolezza della forma e un'accoratezza che richiama indubitabilmente i primi nineties, fra neopsichedelia e grunge.(...)
"ILCANTIERE"
"... band irpina che da poco ha firmato un contratto con l'etichetta partenopea Seahorse Recordings, approdando alla corte di Paolo Messere (Blessed Child Opera). I loro brani sono un continuo divenire dove convivono le sonorità classiche degli anni '60 con i deliri rumoristici tipici dei Sonic Youth, il tutto sapientemente intessuto con melodie deliziosamente arrangiate."